mercoledì 22 aprile 2015

SANTO SUBITO - Giuseppe Salpietro -

 SANTO SUBITO
- Giuseppe Salpietro - 

Per anni, come tutti, mi capitava di guardare la pagina del diffuso quotidiano locale la Gazzetta del Sud tradizionalmente dedicata ai suffragi ed alle dipartite. Pochi lo ammettono, ma tutti, di tanto in tanto, danno una sbirciatina. Un veloce controllo con l’occhio mobile, cercando di scorgere tra una foto e l’altra del caro estinto il riaffiorare di un ricordo postumo, di una conoscenza giovanile.
Sappiamo tutti per certo, che molti, indifferenti al sali scendi dello Spread e del Pil, trovano appagamento nella macabra consultazione.
Immancabilmente, all’individuazione di un conoscente, le frasi rituali di stupore, si sono alternate con “puvireddu”, “ma cu ci l’avia a diri”, “era bravo, un SANT’UOMO”. Tutti buoni e Santi diventano nel loculo o sotto terra e forse è giusto così.
La morte crea una cesura netta con la vita. Cancella il male, facendo riemergere solo gli aspetti positivi naturalmente presenti in ogn’uno di noi, anche negli individui apparentemente  più abietti.  
Pur non potendomi intestare come fa il “Postulatore della causa”, l’avvio del travagliato percorso di canonizzazione  presso la “ Congregazione per le cause dei Santi”, organismo della Santa sede che si occupa dei processi di beatificazione, mi chiedo talvolta, ritenendolo inutile da riconoscere poi post mortem, se il mio personalissimo concetto di santità possa essere attribuito in vita a taluna delle persone che ho fin qui praticato.
Ci rifletto solo un attimo, ma  pur non essendo mai stato tenerissimo in genere con il clero, che tanto a parer mio ha fatto nei secoli per curare più il terreno anziché ambire al Paradiso, certamente di primo acchito il primo nome che mi viene in mente in un battibaleno è Carmelo Catalano. Si, proprio il reverendo Arciprete Padre Carmelo Catalano.  
Ed allora,  lo rivedo con quel suo faccione mite muoversi lento per il paese, costantemente dentro la sua tonaca che non sembra proprio appena uscita da una sartoria ecclesiastica di via della Conciliazione notandosi quella normale usura cangiante del tessuto nero, proprio come si addice ad un curatore di anime di campagna .
Ovviamente la lentezza è riferita al suo passo, non alla sua condotta di  guida. Infatti è noto,  senza offesa per nessuno, che quando si muove in macchina non “si ni parra”, sembra il simpatico roditore messicano del fumetto Spidi Gonzales, avendo l’abitudine di sfrecciare come un furetto in ogni dove per fare fronte alle diverse necessità che la sua costante opera di pastore gli suggerisce, sia all’interno che fuori paese. Se me lo offrisse, accetterei un passaggio, ma solo per amicizia o cortesia, mal celando una certa diffidenza per la sua guida che a giudizio dei paesani è a dir poco “sportiva”.
Lo vedo ancora dispensare sorrisi a tutti. Come l’ho visto in più occasioni pubbliche intervenire con naturalezza incantata facendo sempre con ostinazione il suo “mestiere” di prete. Infatti, con sistematica normalità e indipendentemente dalla tematica affrontata, Lui articola sempre con naturalezza un complesso sermone sull’insieme dei principi della dottrina cristiana e sui sacramenti.
Ebbene si, se a padre Carmelo lo invitate ad un convegno dove si blatera della crisi economica della nocciola,  o degli effetti devastanti dei ghiri, o dello stravolgimento ambientale o meteorologico, sempre a “missa va a finire”, sempre e costantemente a predica e per concludere, di fronte alla complessità dell’argomento imbastito, rimette ogni cosa alla volontà del creatore con un “come vuole Dio” che placa definitivamente gli intervenuti tutti.
Non penso conosca il web, non lo vedo nei panni di un frenetico digitatore di tastiere di computer,  ma certo conosce bene l’arte della comunicazione. Intuì anni addietro, che la sua comunità di anime è potenzialmente ben più vasta del ristretto nucleo che abita nel paese, ricomprendendo  nel suo alveo tutti coloro che nel tempo hanno lasciato a malincuore il gruppo con il corpo, ma non con il cuore.
Lungimirante, fu l’antesignano dei social network, una sorta di arcaico inventore di facebook casereccio che non ha tramutato il suo sforzo in ricchezza personale, continuando ad abitare la sua “sgarrupata” Silicon Valley di Ucria. Tutti parrocchiani dovevano diventare pensò, ed allora si inventò il  giornalino parrocchiale “Lettera alle famiglie” che utilizzò per stringere, come attorno ad un braciere, le tante anime sparse per il mondo, alle quali offrire informazioni dirette: nati, morti, matrimoni, nozze d’argento e d’oro …( mai, allo stato, una separazione, un divorzio o una sciarra ),  ma anche riflessioni alte divulgate con un dialogo semplice, quasi francescano, ma capace di toccare le corde giuste. Più volte mi arrivavano, come ai tanti privilegiati sparsi per il mondo, buste piene zeppe come fossero i panini della Mac Donald “Big Mac” a quattro strati, contenenti immagini sacre, libretti e rosari. Incuriosito, mi interrogavo sul costo economico complessivo che questo povero “parrino” doveva sopportare per la complessa operazione che solo di  affrancatura per ogni singolo plico costava più di quattro euro.
Anche se tutti gli vogliono bene, arriva al mio pur lontano orecchio un limite umano dell’uomo prete.  
Quale ?? Quello di provvedere oltremisura al bisogno degli indigenti, di offrire talvolta il pasto ai disagiati o di essere caritatevole con gli ultimi squattrinati. A me personalmente, che non sono da annoverare (ancora per poco), in nessuna delle dette categorie, una sera d’estate di alcuni anni addietro, mi portò nel suo giardino-orticello  limitrofo alla Chiesa Madre,  e mi regalò con orgoglio una piantina di “pitrusino” ottenendo in me lo stesso effetto che provoca il dono di una cosa rara, tanto era il piacere che vedevo trasparire in lui nel consegnarmi l’umile vegetale.
Corre Padre Carmelo con la sua automobile da un ospedale all’altro alla ricerca di “vecchiareddi” non in salute, dei quali a dire il vero nel circondario non c’è penuria, per non privarli del conforto dei Sacramenti e del sostegno offerto dall’antica fede, ma rischiando spesso di lasciare “in tredici” i fedeli che in chiesa aspettano la celebrazione della messa dopo infinite giaculatorie, litanie e novene .
Penso che, se gli fosse stato consentito, avrebbe stravolto la toponomastica del Paese dedicandola a tutti  i Santi del Paradiso, lasciando con il nome originario solo le vie: Padre Bernardino, grande botanico/monaco; Santa Croce; San Leo; San Filippo e San Michele, ed in aggiunta, come se non bastasse, avrebbe disseminato Santi, Madonne e “Signuri” in tutti gli slarghi  del Paese.
Peccando un po’ di megalomania, ritiene che il suo orticello di “cucuzzi, mirinciani e pumadoru”, possa accostarsi al Giardino Inglese di Palermo o alla Villa Bellini di Catania, infatti, giornalmente, come avviene in altri ben più blasonati luoghi pubblici dotati di orologi floreali con piante sempreverdi, utilizzando pietre tondeggianti ordinatamente disposte fino a comporre la data del giorno, ricorda ai paesani che si affacciano dal muretto a protezione della pubblica via, l’inesorabile passare del tempo.
Nell’amena località nebroidea,il  terzo comandamento “Ricordati di santificare le feste”, più che garbato consiglio agli ucriesi, risuona come forte sollecitazione che entra dolcemente ma inesorabilmente nei timpani  fin dai tempi del suo predecessore padre Gagliardi. Come un moderno Don Camillo, il personaggio letterario creato dallo scrittore e giornalista
italiano Giovannino Guareschi interpretato nella versione cinematografica da Fernandel, utilizza potenti altoparlanti posizionati nei quattro lati del campanile  che diffondono la liturgia domenicale in ogni dove non lasciando  scampo a nessuno, anche a chi s’illude di farla franca seduto comodamente al bar ad indugiare nel sollazzo tra una birra, una briscola ed una scopa.
Questa si è catechesi. Semplicemente grazie, ed allora, perché aspettare qualche secolo, SANTO SUBITO !!







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