giovedì 22 gennaio 2015

L’ANGOSCIANTE NOSTRA FRAGILITÀ – L’ARCHITETTURA DEL RIUSO E DEI FIORI - Achille Baratta –

L’ANGOSCIANTE NOSTRA FRAGILITÀ – L’ARCHITETTURA DEL RIUSO E DEI FIORI
- Achille Baratta –
Noi siamo quello in cui crediamo e in cui ci dibat­tiamo con spirito di servizio; perché il domani si coniughi col passato e diventi il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti. Il movimento culturale per il riuso architettonico ora è diventato una spinta per l'economia.
I recenti fatti tellurici che si sono manifestati nel cuore produttivo del nostro Paese ne sollecitano l'attualità e stes­sa responsabilità di chi opera sia nel pubblico che nel priva­to.
Presento uno scritto che tratta questo tema architetto­nico che ha come scopo la divulgazione anche nelle scuole e nello spirito di servizio che ci contraddistingue nel nostro operato a servizio della collettività.
Il libretto è sintetico, è scritto da due donne, una archi­tetto e una ingegnere ed è presentato da un padre vecchio sostenitore del riuso.
Quale migliore occasione per coniugare lo spirito di ami­cizia che ci lega?
Andare oltre la parola è un dovere e con questa mia pro­posta concreta aderisco all'iniziativa che porterà certamente ad interessanti risvolti con una spesa minima per riparlare della Fiera di Messina. Sono questi i concetti fondanti del nuovo credere, del nuovo agire, sono sicuro che questa mia iniziativa che non grava sul bilancio dell'Ente ma che ne aumenta il prestigio e il peso culturale, guardando da un nuovo punto d’osservazione che ne cambia la prospettiva.
Tutto questo mi connota come un classico-contempora­neo tendente alla rivoluzione culturale per un'architettura fuori dagli schemi che diventa quasi poesia.
Tutto questo mi fa piacere, perché significa che il mio lavoro può continuare ad avere un senso anche per le altro generazioni. La poesia deve cercare le costanti eterne al di là delle contingenze, ma per riuscirvi non deve lasciarsi sco­raggiare. Ci sono opere molto importanti, ad esempio quelle di Bilbao, che però si lasciano travolgere dal non senso del mondo.
L'essere umano non è fatto per morire sul posto come i personaggi di Moliere. Per questo, dobbiamo sempre conservare e trasmettere il principio della speranza che è il cuore della vita.
La poesia è la speranza nel linguaggio, l'architettura. In speranza del fare o del rifare perché è un ricamo o una sinfonia e non può avere altri connotati.
Tutto questo nella piena convinzione che la vera architettura poetica è il contrario della solitudine, proprio perché mira a rendere più intenso il rapporto con solitario, rinchiudendosi nella propria differenza, finisce non sopportare più gli altri.
La vicinanza di altri è invece sempre benefica alla poesia. Certo è io ne ho beneficiato tutta la vita. Come dell'amicizia e la lealtà di cordata.
L'architetto, il poeta, il professionista che non scrive e quindi non divulga il suo pensiero, ha un percorso profes­sionale monco e non lascia eredi.
Questa è l’introduzione al libretto edito al 2013, che continua con altre riflessioni e un breve riferimento alle precedenti edizioni che erano rivolte in modo specifico all’abbattimento delle barriere architettoniche e anche di quelle culturali e in particolare si è scritto sull’accessibilità del territorio.
L’accessibilità del territorio e dello spazio costruito oggi si coniuga con la sicurezza e diventa la rappre­sentazione di un problema sociale che coniuga diver­se problematiche che distinguono e fanno la differenza nel cammino verso la civiltà anche in tempo di crisi. Il D.P.R. del 27 luglio 1996 n. 503 (G.U. 303 del 28/12) cambia e amplia il concetto di barriere architettoniche.
Abituarsi al riuso integrandolo in alcuni settori ed ar­monizzando, dopo oltre 30 anni di ombre in materia, le pre­scrizioni ed i criteri progettuali per la realizzazione di edifi­ci e spazi di proprietà pubblica e privata. Viene accentuato il ruolo delle scelte strategiche effettuate al livello di Piani­ficazione Urbanistica e del settore dei Trasporti, per la de­terminazione di un territorio "accessibile" costituito da un'ossatura portante di servizi pubblici raggiungibili e frui­bili da parte di chiunque.
Non è più possibile dimenticare un patrimonio architet­tonico facendolo distruggere dalla mancata redditività. La valutazione dei rischi negli ambienti lavorativi, pre­vista dal D.Lgs. 626/94 ed in particolare del rischio incen­dio, richiede di effettuare concretamente questo raccordo al fine di individuare misure preventive, protettive e gestiona­li coerenti con le caratteristiche ed esigenze dei soggetti particolarmente esposti (lavoratori, personale esterno e pubblico) che presentano ridotte o impedite capacità moto­ rie o sensoriali in forma temporanea o permanente lì volu­me si rivolge ad una pluralità di operatori progettisti, studi tecnici, consulenti, datori di lavoro, responsabili del servizio di prevenzione e protezione aziendali, ma soprattutto alla riqualificazione ambientale può essere più un fatto transi­torio.
Questo libretto divulgativo si rivolge alla pluralità politi­ca, agli operatori, ai datori di lavoro, ai responsabili dei ser­vizi pubblici, a privati, ma soprattutto alla gente comune che va informata e quindi messa in grado di partecipare. L'informazione come dovere di servizio, come dovere pro­fessionale e culturale per crescere ulteriormente nel difficile cammino del progresso e della comunità.
E poi ancor di più una riflessione sulla nostra fragilità che non può solo angosciarci ma va prevenuta e coniugata con la sicurezza e al rilancio economico permanente,
Il termine "barriere architettoniche", entrato nella nor­mativa italiana e nel linguaggio corrente, deriva dall’espressione inglese "architectural barriers", rappresenta tutti gli ostacoli materiali presenti nello spazio urbano ed edilizio che non permettono l'agibilità alle persone fisica­mente svantaggiate.
Un breve accenno anche al danno erariale che occorre rivedere e condurlo al mancato diritto di godere di un edificio pubblico conservandolo e mantenendolo in efficienza.
L’abusiva non può essere soltanto l’edificazione selvaggia e la cementificazione che per fortuna non si rivolge solo alla sicurezza ma anche all’abbandono, non si può abbandonare un tesoro senza una giustificazione motivata e approvata anche da tutte le istituzioni che di fatto per legge approvano solo l’edificazione.
Bisogna certamente guardare al riuso per evitare che i nostri centri storici diventino i centri dell’abbandono e dell’incuria.
Tutto questo è frutto di una filosofia progettuale che è il vero credo di un professionista delle piccole cose che guarda con distacco agli interventi degli ArchiStar che sono la personificazione del grande, che invade e ci confonde solo per lucrare e trasformare il progetto in un elemento pubblicitario che suscita meraviglia in un mondo occidentale che dimentica il problema della fame del mondo.


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