giovedì 21 maggio 2015

“U ZU MICU” - Angela Niosi -

“U ZU MICU”
- Angela Niosi -

Lo chiamavo “zu Micu” anche se fra noi non c’era alcun legame di parentela.
Abitava due case dopo la mia, con l’interruzione di una rampa di quella scalinata che,protetta da muri di antiche pietre, si prostrava alla mia casa.
Era piccolo di peso e di statura e trasportava sulle spalle una pesante gobba,simile ad uno zaino. Aveva dei minuscoli,inespressivi occhi color corteccia,una manciata di capelli distribuiti senza ordine e due baffetti che facevano ombra ad una quasi inesistente bocca.
Quando camminava,sembrava portare addosso il peso della sua vita, gli occhi perennemente inchiodati al suolo. Partiva sempre al mattino presto per la campagna, in groppa al suo fedele asino che, a me, sembrava avesse uno sguardo triste e rassegnato. I due avevano finito con l’assomigliarsi.
“Zu Micu” aveva dei piedi piccoli e le mani incurvate per l’uso della falce, con unghie sempre nere di terra, incapaci di accarezzare un viso, almeno così pensavo io.
Tornava dalla campagna all’imbrunire,dondolandosi sull’asino ed emettendo rauchi grugniti per stimolarlo.
E,finalmente, lo sentivo quando,dopo essersi ubriacato,si metteva in balcone e liberava quella voce che,durante il giorno,sembrava non avesse.
Teneva in mano una bottiglia di vino e iniziava a cantare, lo sguardo, per la prima volta in alto…ad inseguire sogni?
Se mi trovavo a passare da sotto il suo balcone mi fermavo,c’era il rischio che mi sputasse addosso, e lo osservavo. Ne avevo paura ma allo stesso tempo mi affascinava.
Per un breve attimo, mi guardava anche lui .
Non mi riconosceva, i suoi occhietti mi scrutavano maliziosi, si toglieva la coppola e mi dedicava un verso, incominciando con “bella signorina”.  
Io ridevo con la mano sulla bocca per essere educata, gli rispondevo qualcosa e scappavo via.
Mostrava una grande concentrazione nel ricordare i versi dei suoi strambi monologhi, rincorreva immagini che vedeva soltanto lui. Ogni tanto, si fermava aggrottava la fronte, balbettava qualcosa, aspettava risposte alle sue domande, impastava parole e vino.
Spesso, si radunava un gruppetto di bambini sotto al suo balcone per assistere allo spettacolo che “zu Micu” offriva gratuitamente. Quelli più sfrontati lo deridevano o gli facevano il verso, mi stupiva il fatto che lui se ne accorgesse e rispondesse loro con lo stesso tono.
“Se  ti ‘ddentu figghiu ‘i …” e allungava le sue mani curve o lanciava un lungo sputo ma era solo un attimo, subito dopo rientrava nel suo mondo e i bambini correvano via ,ridendo sguaiatamente, a cercare un’altra avventura a basso costo.
Una luminosa mattina d’estate mi comunicarono che “zu Micu” era morto nel sonno.
Rimasi male perché pensavo fosse più opportuno che morisse d’inverno quando non c’erano da fare i lavori in campagna ma poi mi dissi che,forse,quello era il momento giusto per riposarsi visto che,d’estate,non lo faceva mai.   



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