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MAGGIO 2014, IN NOME DEL RICORDO DI UN AMICO, UN BRAVO RAGAZZO, UN FIGLIO, UN
FRATELLO
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Salvatore Lo Presti –
Come
prima cosa, mi sembra doveroso scusarmi con le persone che più di tutte
soffrono per la sua mancanza, perché non essendo io uno scrittore, non riuscirò
a scrivere un articolo i cui contenuti e
le cui parole siano degne di un ragazzo come Marco Campisi.
Parto
dal titolo, in particolare dal mese dell’articolo e personalizzando devo dire
che da sempre il mese di Maggio per me, ma non solo per me, rappresenta un mese
in cui ci sono, o ci sono stati, giorni pieni di significati, belli come ad
esempio la festa del nostro SS. Patrono, o nel caso mio specifico il mio
compleanno e quello di altre persone a me care, ma che oltre a rappresentare
episodi, fatti e ricorrenze positive, è un mese che in me lascerà sempre e
comunque un ricordo che di positivo non ha niente. Lo sappiamo tutti, la vita,
la maggior parte della nostra vita, è facilmente riassumibile, passiamo la
maggioranza dei nostri giorni in maniera simile, direi stereotipata, sono
veramente pochi i giorni che sono veramente ricchi di significato, giorni che
ricorderemo per sempre, per me, e non solo, alcuni di questi giorni saranno
sempre l’11 Maggio del 2014 ed i giorni successivi ad esso, giorni di lutto non
solo per il sottoscritto ma per tutta la nostra comunità e soprattutto per la sua
famiglia, perché noi tutti è vero abbiamo perso un amico, un bravo ragazzo o
qualsiasi altro modo si possa trovare per descrivere Marco, ma loro hanno perso
un figlio, un fratello, e non oso immaginare cosa possa significare perdere
tutto ciò.
Adesso
potrei scrivere i ricordi felici che ho con Marco e delle giornate/serate
passate assieme, ma come me e più di me potrebbero farlo tanti altri, il mio
intento non è quello di ricordarlo scrivendo un episodio o degli episodi passati
con lui, che comunque resteranno per sempre all’interno del mio cuore, come i
vostri nel vostro, quello che voglio condividere con voi, e soprattutto con la sua
famiglia è ciò che hanno rappresentato per il sottoscritto quei giorni, ciò che
rappresentano e che mi hanno insegnato, perché se è vero che sarebbe bello
poter cancellare i giorni brutti e sostituirli con qualcosa di bello, tutti
sappiamo che alcuni giorni non si dimenticano indifferentemente dal loro essere
tristi o felici, ma bisogna trarre anche da questi giorni qualcosa, qualcosa
che ci permetta non solo di andare avanti, ma anche di diventare persone
migliori.
Giorno
11 Maggio me lo ricordo come se fosse accaduto ieri, mi trovavo a Palermo e
quella mattina avevo appuntamento alle 9.00 in un bar con Fabrizio Sciacca, per
andare a visitare il Castello della Zisa, mi ricordo benissimo, che stavo
andando al luogo dell’appuntamento per raggiungere Fabrizio quando mi è giunta
la notizia alche sono subito torno a casa a preparare la valigia. Preso il
treno alle 11.08 arrivato ad Ucria, il tempo di posare le valigie a casa mi
sono diretto verso casa sua con la mia famiglia. È stato un giorno lunghissimo,
tantissime persone presenti per rendere omaggio a lui, un amico di tutti, tutti
increduli e distrutti dal dolore, così come anche i giorni successivi.
Ma
il momento più triste di questi giorni è stato quello del suo corteo funebre,
dove un intera comunità, la nostra, era tutta stretta in un unico dolore, ricordo perfettamente che
durante il tragitto che va dal nostro duomo al cimitero, il silenzio veniva
rotto dagli applausi dedicati a lui è dalle lacrime che scendevano per la
consapevolezza di sapere di aver perso una persona veramente buona.
Quei
giorni non potrò mai dimenticarli, ma ciò che non potrò mai dimenticare è
soprattutto un pensiero che da quel giorno mi è rimasto in mente, e cioè, che noi
ucriesi, siamo capaci anche di essere tutti uniti, e mi chiedo, perché questa
unione ci deve essere solo nel dolore e non siamo capaci di provare questo
sentimento reciproco tutti i giorni? perché nei giorni che non ricorderemo e
che non ricordiamo e cioè nella routine quotidiana molte volte ci trattiamo con
odio e indifferenza? Queste domande sono rimaste chiuse dentro di me a lungo,
pensavo di essere l’unico a pensarle, e non le ho esposte a nessuno, ma poi,
circa alla fine dell’estate con Pina, Gino, Maria e altri ragazzi e ragazze, mi
sono imbarcato nell’iniziativa di creare un associazione ucriese e di scrivere
un giornalino, e soprattutto molti di loro avevano già le idee chiare su quale
dovesse essere il nome degli stessi.
E’
stata lì la svolta, che mi ha fatto capire che questo mio pensiero non era
isolato, non ero solo io a pensare ciò che ho espresso prima, ho conosciuto chi
era Ranieri Nicolai, grazie alla mia curiosità, ho appreso cosa aveva o
quantomeno cosa voleva cercare di fare ma che aveva comunque iniziato, e ho
avuto modo di leggere i numeri de “La
Cruna dell’Ago” che aveva scritto lui e che avevano scritto con
lui molti altri ragazzi nel 98’ .
Tra
i vari articoli scritti, molti di notevole interesse, uno mi ha trovato
perfettamente d’accordo, ed era un articolo del terzo numero scritto dal nostro
Sacerdote attuale, Don Carmelo Catalano, articolo scritto subito dopo la morte
di Ranieri, la frase che più di tutte mi ha colpito dell’articolo, e che io
adesso voglio condividere con voi è la seguente
“Vogliamoci
bene, vogliamoci sempre più bene.
Non
aspettiamo il pericolo per unirci e la morte per stimarci”
ed
aveva, e ha, perfettamente ragione Padre Carmelo, a cosa serve provare odio
l’uno con l’altro, a cosa serve insultarsi e additarsi, facciamo parte tutti di
una comunità, anche se non siamo come fratelli e sorelle, perché questo lo
reputo molto difficile, possiamo comunque aiutarci tutti e possiamo provare stima
per gli altri senza insultarci, per cercare di rendere migliori noi stessi.
Questo
mio pensiero che ho avuto il piacere di condividere con voi, seppur era presente
in me anche prima dello scorso 11 Maggio, ma da allora è continuamente presente, come è
continuamente presente Marco che ricordo sempre, e sempre e comunque con grande
gioia proprio perché era veramente un ragazzo d’oro, e proprio in nome di
Marco, e di quello che era, che chiedo a voi/noi ucriesi, di smetterla di
screditarci l’un con l’altro e di sostituire questa tipologia di discussione
con atti e parole di stima e affetto l’un con l’altro.
Voglio
terminare questo mio pensiero, con il ringraziamento a Marco, che anche se non
è più in mezzo a noi, per tutti coloro che lo hanno conosciuto, e hanno avuto
l’opportunità di conoscerlo e di poterlo vivere anche per pochissimo tempo, è
stato ed è un esempio di come ci si debba comportare una persona in società,
soprattutto in una società come quella ucriese.
Ti
voglio bene Marco e grazie veramente per tutto quello che rappresenti, hai
rappresentato e continuerai a rappresentare per me.
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