“U ZU MICU”
- Angela Niosi -
Lo chiamavo “zu Micu” anche se fra noi non c’era alcun legame di
parentela.
Abitava due case dopo la mia, con l’interruzione di una rampa di quella
scalinata che,protetta da muri di antiche pietre, si prostrava alla mia casa.
Era piccolo di peso e di statura e trasportava sulle spalle una pesante
gobba,simile ad uno zaino. Aveva dei minuscoli,inespressivi occhi color
corteccia,una manciata di capelli distribuiti senza ordine e due baffetti che
facevano ombra ad una quasi inesistente bocca.
Quando camminava,sembrava portare addosso il peso della sua vita, gli
occhi perennemente inchiodati al suolo. Partiva sempre al mattino presto per la
campagna, in groppa al suo fedele asino che, a me, sembrava avesse uno sguardo
triste e rassegnato. I due avevano finito con l’assomigliarsi.
“Zu Micu” aveva dei piedi piccoli e le mani incurvate per l’uso della
falce, con unghie sempre nere di terra, incapaci di accarezzare un viso, almeno
così pensavo io.
Tornava dalla campagna all’imbrunire,dondolandosi sull’asino ed
emettendo rauchi grugniti per stimolarlo.
E,finalmente, lo sentivo quando,dopo essersi ubriacato,si metteva in
balcone e liberava quella voce che,durante il giorno,sembrava non avesse.
Teneva in mano una bottiglia di vino e iniziava a cantare, lo sguardo,
per la prima volta in alto…ad inseguire sogni?
Se mi trovavo a passare da sotto il suo balcone mi fermavo,c’era il
rischio che mi sputasse addosso, e lo osservavo. Ne avevo paura ma allo stesso
tempo mi affascinava.
Per un breve attimo, mi guardava anche lui .
Non mi riconosceva, i suoi occhietti mi scrutavano maliziosi, si
toglieva la coppola e mi dedicava un verso, incominciando con “bella
signorina”.
Io ridevo con la mano sulla bocca per essere educata, gli rispondevo
qualcosa e scappavo via.
Mostrava una grande concentrazione nel ricordare i versi dei suoi
strambi monologhi, rincorreva immagini che vedeva soltanto lui. Ogni tanto, si
fermava aggrottava la fronte, balbettava qualcosa, aspettava risposte alle sue
domande, impastava parole e vino.
Spesso, si radunava un gruppetto di bambini sotto al suo balcone per
assistere allo spettacolo che “zu Micu” offriva gratuitamente. Quelli più
sfrontati lo deridevano o gli facevano il verso, mi stupiva il fatto che lui se
ne accorgesse e rispondesse loro con lo stesso tono.
“Se ti ‘ddentu figghiu ‘i …” e allungava le sue mani curve o
lanciava un lungo sputo ma era solo un attimo, subito dopo rientrava nel suo
mondo e i bambini correvano via ,ridendo sguaiatamente, a cercare un’altra avventura
a basso costo.
Una luminosa mattina d’estate mi comunicarono che “zu Micu” era morto
nel sonno.
Rimasi male perché pensavo fosse più opportuno che morisse d’inverno
quando non c’erano da fare i lavori in campagna ma poi mi dissi
che,forse,quello era il momento giusto per riposarsi visto che,d’estate,non lo
faceva mai.
Nessun commento:
Posta un commento