"Ieri sono andato in
ospedale e sono sceso nella chiesetta al piano seminterrato: mi sono reso conto
di esserci entrato in precedenza solo una o due volte, negli ultimi dieci anni.
La piccola cappella, ricavata da un vecchio ambulatorio, era deserta e profumava
di incenso, ma appena appena, come un vago sentore, un ricordo sfocato di
Natali lontani e più o meno felici (felici, che vorrà mai dire questa parola).
Non sono mai stato un fervido
praticante; credo infatti che sia stato qui richiamato soprattutto da quel
senso o bisogno di comunità, che si va perdendo e di cui questa chiesetta vuota
appare l'immagine più plastica: quest’anno, in particolare, mi sono trovato a
riflettere su alcuni aspetti della mia professione.
Mi sono interrogato, per esempio, sul modo in cui sto lavorando o, per
meglio dire, sul modo in cui sto interpretando il mio lavoro.
Il mestiere del medico é particolare, non dico che sia il più bello del mondo, ma ha un suo indiscutibile fascino. C’è qualcosa, nel mestiere che faccio io, che agli altri manca.
Il mestiere del medico é particolare, non dico che sia il più bello del mondo, ma ha un suo indiscutibile fascino. C’è qualcosa, nel mestiere che faccio io, che agli altri manca.
Quando un medico si reca al
lavoro è come un bicchiere pieno: di ansie personali, problemi familiari, guai
di salute. Ma quando arriva in ospedale ha di fronte un altro bicchiere pieno:
il paziente. E allora l’unico modo per affrontare degnamente il problema è
decidere di vuotare parte del contenuto del nostro bicchiere, accettare l’idea
che il bicchiere del paziente sia per forza di cose più pieno del nostro. Come
medici, ci lasciano crescere nell’idea che il nostro sia un mestiere puramente
tecnico: hanno persino elaborato un nuovo credo pagano a supportare questa
teoria, l' EBM, cioè la Medicina Basata sulle prove di Evidenza, quasi che il
paziente fosse una "scena del crimine" nei telefilm americani della
serie CSI, e invece abbiamo a che fare con le persone. Persone ammalate,
talvolta sole, sofferenti o solo preoccupate. Con un bicchiere più pieno del
nostro.
Negli anni, forse per un
naturale meccanismo di autodifesa, forse per stanchezza o più probabilmente per
tutt'e due, il mio approccio con il paziente è diventato sempre più asettico ed
impersonale, quasi sfuggente. É emblematico di questa condizione il mio pessimo
rapporto con il telefonino. Spesso, infatti, i pazienti esagerano i loro
sintomi, sono ipocondriaci, vi tormentano con quesiti clinici a prima vista
assurdi, chiamando a tutte le ore, ma tante altre volte, ed è la maggioranza
dei casi, il paziente parlandovi urla la sua diagnosi. Si può nella quotidiana
e sempre più difficile pratica professionale mantenere una maggiore sensibilità
verso questi aspetti, senza gravare troppo e terremotare la propria sfera
personale? É faticoso, ma si può e si deve. Ho sempre pensato che il sistema
sanitario stia in piedi grazie alle persone che ci lavorano, non ad altro.
Qualche tempo fa mi é capitata
una signora impaurita. Era prenotata per eseguire una Tac oncologica di
controllo. Dopo anni di calvario, tra interventi, radio e chemioterapie
devastanti, aveva perso la voglia e la speranza. All'atto del consenso
informato, non voleva più sottoporsi all'esame. Un po' distrattamente l'ho
convinta a farlo, come atto dovuto. Alla fine dell'esame, la signora mi ha
preso la mano, ha girato verso di me il suo viso all'improvviso dolcissimo ( ma
era dolcissimo pure prima, solo che io guardavo senza vedere) e ha detto:
"Io non posso vederla, lo sa...la chemioterapia mi ha tolto la vista, però
la sua voce mi ha rassicurato, grazie, lei è una brava persona ed un bravo
medico".
É stato quasi uno schiaffo in faccia. Perché poi ripensandoci ero io che
volevo ringraziare lei, ormai andata via. Ecco, questo pensiero che oggi
riaffiora é un po' il mio regalo di Natale: i pazienti, in un modo o
nell'altro, consapevoli o inconsapevoli, ci scelgono, non è mai il contrario, e
poi bisogna essere all’altezza del compito che ci è affidato, anche quando si è
troppo stanchi.
Natale è passato, oggi sono di guardia, tanti auguri a chi non sta bene, a chi sta bene ed a voi tutti".
Natale è passato, oggi sono di guardia, tanti auguri a chi non sta bene, a chi sta bene ed a voi tutti".
Bravo , Mario !!! Complimenti !!!!
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