domenica 22 marzo 2015

CHIACCHIERANDO DI MALATTIE E NON SOLO…… - Antonella Algeri -

CHIACCHIERANDO DI MALATTIE  E NON SOLO……
- Antonella Algeri -

Si premette che le informazioni sulle malattie rare e non,  hanno unicamente scopo divulgativo e ovviamente non devono in alcun modo intendersi come sostitutivi del parere medico.
Detto questo oggi parliamo di Ipercolesterolemia familiare (Fonte Wikipedia e OMAR-osservatorio malattie rare).
Quando si parla di infarto, cardiopatia coronarica e malattia valvolare aortica, in automatico si pensa a pazienti sopra i 50 anni, ipertesi, in sovrappeso, col colesterolo alto, ecc.. Purtroppo però questa sintomatologia può colpire drammaticamente anche bambini e giovani adulti: in questo caso può trattarsi di una patologia rara e gravemente disabilitante, una dislipidemia geneticamente determinata. “Si tratta di un gruppo eterogeneo di patologie genetiche del metabolismo lipidico (es. ipercolesterolemia familiare e altre dislipidemie)– spiega la Prof.ssa Claudia Stefanutti – in cui l’alterazione di lipidi e lipoproteine è tale da comportare un rischio cardiovascolare da alto a elevatissimo.
Comunque contrariamente a quanto si pensa, non è il colesterolo introdotto con l'alimentazione ad aumentare la colesterolemia, ma il consumo di alcuni acidi grassi saturi, contenuti negli alimenti, anche se non tutti i grassi saturi agiscono nello stesso modo. I popoli che si nutrono prevalentemente di prodotti animali come gli inuit delle regioni polari o i masai delle steppe africane hanno delle colesterolemie minori di europei o statunitensi.
Il Ministero della Salute Tedesco ha voluto conoscere con precisione questo dato per il proprio paese. Lo studio VERA del 1993, ha dimostrato che non esiste alcuna correlazione tra consumo di colesterolo (latte, panna, uova, burro, grassi animali ecc.) e colesterolemia. Il rapporto smentirebbe un'opinione diffusa secondo la quale la causa primaria del colesterolo alto sta nel consumo di alimenti contenenti colesterolo.
Nel mondo circa una persona ogni 500 ha un’alterazione genetica che causa ipercolesterolemia familiare; l’alterazione che si riscontra più frequentemente è a carico del gene che codifica il recettore delle LDL. Questo recettore si trova sulla superfice della cellula ed ha il compito di “catturare” le particelle di colesterolo LDL ( il cosiddetto colesterolo cattivo), rimuovendole dal sangue. L’alterazione del gene provoca la formazione di recettori per le LDL malfunzionanti, ossia di recettori che non sono in grado di rimuovere il colesterolo LDL dal sangue.
La maggior parte dei soggetti con ipercolesterolemia familiare ha ereditato un gene difettoso per il recettore delle LDL da uno dei genitori ed un gene normale dall’altro genitore.
Conseguentemente, in questi soggetti, circa la metà dei recettori per le LDL presenti sulla superfice delle cellule, è correttamente funzionante. In questi casi si parla di ipercolesterolemia familiare eterozigote, mentre quando un soggetto eredita il gene difettoso per il recettore delle LDL da entrambi i genitori, si parla di ipercolesterolemia familiare omozigote. Quest’ultime sono forme di ipercolesterolemia molto rare, colpiscono infatti circa un soggetto su un milione, ma anche molto più gravi delle forme eterozigoti.
I soggetti omozigoti, infatti, sono completamente privi di recettori funzionanti e ad oggi, non esiste alcun trattamento, dietetico o farmacologico, che da solo o combinato, sia in grado di ridurre efficacemente il colesterolo estremamente elevato che è presente in questi soggetti.
In questi casi si rende quindi necessario ricorrere ad una rimozione meccanica dal sangue del colesterolo LDL, utilizzando una metodica simile alla dialisi, chiamata LDL-aferesi.
La diagnosi di ipercolesterolemia familiare può essere fatta clinicamente, sulla base dell’anamnesi personale e familiare del soggetto ed in presenza di alcuni segni clinici che, per quanto non sempre presenti in tutti i soggetti, sono indicativi di un’ipercolesterolemia familiare oppure mediante un test genetico che, attraverso l’analisi del DNA del soggetto, permette una ricerca accurata dei difetti che possono colpire il gene del recettore per le LDL o altri geni che sono coinvolti nella regolazione del metabolismo del colesterolo. Comunemente si utilizza il DNA contenuto nei globuli bianchi, è quindi sufficiente un semplice prelievo del sangue per procedere con la diagnosi genetica.
I segni clinici visibili e più comuni della malattia sono dei rigonfiamenti, detti xantomi, presenti sui tendini del tallone e delle mani e dei depositi giallognoli sulla pelle intorno agli occhi (xantelasmi). Meno comunemente si può anche osservare un deposito biancastro di colesterolo, chiamato arco corneale, a circondare la parte colorata (iride) dell’occhio.
Poiché se un soggetto è affetto da ipercolesterolemia familiare i suoi parenti più prossimi (genitori, fratelli, sorelle, figli) hanno il 50 per cento di probabilità di aver anch’essi ereditato la malattia, diventa cruciale una valutazione genetica dei componenti della famiglia, per poter ottenere una diagnosi precoce di questa malattia.
E’ importante che la diagnosi di ipercolesterolemia familiare venga fatta il prima possibile perché il trattamento è tanto più efficace quanto prima viene iniziato.
Una diagnosi ottenuta in età giovanile permette infatti di poter attuare un precoce cambiamento nelle abitudini alimentari, negli stili di vita ed eventualmente anche l’inizio di un’adeguata terapia farmacologica, tutte misure che possono ridurre l’impatto della malattia nell’età adulta.
L’ipercolesterolemia familiare è uno dei principali fattori di rischio cardiovascolare.
La presenza di elevati valori di colesterolo LDL contribuisce difatti all’instaurarsi di un processo di alterazione delle pareti dei vasi, noto come aterosclerosi, che a sua volta è strettamente correlato all’insorgenza di gravi malattie cardio e cerebro vascolari.
L’aterosclerosi si manifesta inizialmente con la formazione di cellule ricche di colesterolo all’interno della parete dei vasi sanguigni.
Questo processo causa infiammazione, proliferazione cellulare, ulteriori depositi di colesterolo, formazione di tessuto cicatriziale ed indurimento della parete vascolare. Tutto ciò ha come risultato finale la formazione di una cosiddetta «placca».
In particolari circostanze le placche possono andare incontro ad un processo di rottura in seguito al quale si formano degli emboli che possono restringere gravemente i vasi, fino a bloccare completamente il flusso sanguigno. L’arresto del flusso del sangue comporta un’immediata mancanza di ossigeno dei tessuti colpiti, provocando nell’organo interessato, danni anche molto estesi, che sono alla base di gravi malattie quali ad esempio l’infarto del miocardio o l’ictus cerebrale.
Nei soggetti con ipercolesterolemia familiare, il rischio di malattia cardiovascolare è sensibilmente più alto rispetto ai soggetti normali. Tale rischio aumenta con l’aumentare dei livelli di colesterolo LDL ed è amplificato dalla presenza di ulteriori fattori di rischio, quali ad esempio diabete ed ipertensione.
Con un adeguato controllo della colesterolemia attraverso opportune misure dietetiche e farmacologiche, un corretto stile di vita ed un’opportuna correzione di eventuali altri fattori di rischio, è possibile ridurre sensibilmente il rischio di insorgenza dell’aterosclerosi e conseguentemente la comparsa di malattie cardiovascolari anche gravi.   

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