“Il Natale…. Dal latino "dies natalis": giorno della
nascita”
Chiediamoci innanzitutto: che cos’è il Natale per noi?
Una domanda che non sempre ci poniamo e a cui, molto probabilmente,
come risposta abbiamo dato quella che ci hanno passato la società di oggi, con
i suoi modi di fare consumistici e con tutte le storie e leggende che si sono
inventate per rendere una festa religiosa un modo per fare shopping selvaggio,
pensando solo a se stessi e alla propria avidità dell’avere e non del dare.
In
ogni caso, per la maggior parte delle persone, il “Natale” è la festa che
secondo la tradizione religiosa cristiana si celebra il 25 dicembre e commemora
la nascita di Gesù Cristo.
Pochi sanno che circa la data di
quest’evento gli storici non hanno mai
saputo fornire elementi certi.
La festa del 25 dicembre sarebbe stata istituita
per contrapporre una celebrazione cristiana a quella mithraica del “dies natalis
Solis Invicti” (giorno natalizio dell’invincibile Sole).
La festa pagana del solstizio d’inverno era una
ricorrenza importante per gli antichi romani, che in quel giorno celebravano la
festa del dio Sole. Durante queste feste che andavano dal 17 al 21 di dicembre
("I Saturnali") e la festa vera e propria del “Sol Invictus” del 25, il cui culto era stato introdotto dall'Imperatore Aureliano, si usavano i
simboli dell'eterna giovinezza di Dioniso: mirto, lauro, edera...
(Immagine dei simboli dell’eterna Giovinezza di Dioniso:
mirto, lauro ed edera)
La chiesa cristiana scelse la data del 25
dicembre come giorno di nascita del Cristo semplicemente per cristianizzare una
festa pagana molto sentita dalle masse popolari. E così l’imperatore Costantino
(280-337) riunì il culto del sole,
di cui egli era il figlio protetto, e il
culto al dio Mithra con il cristianesimo.
E’ sotto il suo regno che appare la festa del
Natale.
Si menziona per la prima volta tale festa
cristiana al 25 di dicembre in un calendario liturgico romano del 354. Tuttavia
la celebrazione del Natale è già attestata a Roma intorno al 336, dopo che la
festa più antica dell'Epifania (manifestazione) era stata trapiantata
dall'Oriente in Occidente. Da Roma il Natale si diffonde in Africa, in Spagna e
nel Nord Italia. Giovanni Crisostomo ne attesta la celebrazione ad Antiochia
come festa separata dall'Epifania. Ma è solo sotto l'imperatore Giustiniano
(527- 565 d.C.) che il Natale viene riconosciuto come festa legale per
l'Occidente.
A tale
tradizione quindi la celebrazione del Natale ha voluto collegarsi per indicare l’avvento
della Luce del Mondo, che giunge a squarciare le Tenebre. È il Bambino, che
venendo al mondo, inaugura una nuova vita, e porta la Luce a tutti gli uomini.
La vera storia di Babbo Natale
L’uso
di fare doni ai bambini in occasione del solstizio d'inverno
c'è sempre stato. Ma nel passato i regali non li portava Babbo Natale. A portare
i regali ai bambini ci pensavano gli elfi, gli angeli,
le fate, i Rè Magi, Santa Lucia, Gesù
Bambino, la
Befana. La figura di Babbo Natale si ricollega a San
Nicola di Mira, infatti il nome Santa Claus deriva dal nome latino di San Nicola:
Sanctus Nicolaus. Nella prima metà del IV secolo
d.C. nella ricca città di Mira, in Asia Minore, viveva un vescovo davvero molto
speciale, San Nicola, del quale, in mancanza di notizie storiche certe, si
tramandano molte leggende.
Per
diventare ciò che è attualmente, la leggenda e la storia di Babbo Natale - San Nicola dovette
arrivare negli Stati Uniti al seguito degli immigrati olandesi e, infine, a New
York trovò Clement Clark Moore, che
nel 1822 scrisse per i suoi sei figli la poesia "A visit from St.
Nicholas" in cui lo descriveva in vesti
nuove.
(Immagini
di S.Nicola e di Babbo Natale nell’immaginario collettivo di oggi)
Il successo fu immenso e lui, con i nomi di Santa Claus, Father Christmas, Papa Noèl,Weithnachtsmann, diventò il più amato portatore di doni e regali.
Infine a voi lettori mostro un racconto sul Natale che mi ha
molto colpito:
Nonno, dai,
raccontamela di nuovo.... - disse Marcello al nonno che intanto gli rimboccava
la copertina... -Ma tesoro, te l'ho raccontata già mille volte.... Va bene, va
bene, te la racconterò di nuovo.... "Era
la notte di Natale di tanto, tanto tempo fa nella nostra fredda e nebbiosa
città... Ma dello spirito natalizio c'era ben poco caro nipote... Le strade
erano deserte, dalle finestre nessuna luce emanava amore. Nelle case non
c'erano alberi, nè addobbi, nè dolci... Per le strade vagabondi e ragazzi di
bande diverse che litigavano tra di loro... Al centro della strada camminava un
bambino, biondo, con gli occhi di un azzurro indefinibile... Tutti quelli che
erano per strada si fermarono a guardarlo dapprima meravigliati, poi si
avvicinarono lentamente a lui notando che era vestito soltanto di una bianca e
leggera camicia. All'improvviso uno dei ragazzi, vedendo che nella mano destra
il bambino aveva una palla colorata e lucente e dall'altra una letterina,
iniziò a ridere e con le mani indicava la follia del povero bambino. Anche il piccolo
si fermò e guardò i ragazzi... All'improvviso socchiuse le labbra e dalla sua
bocca una dolcissima e profonda melodia iniziò a diffondersi tra i vicoli
dell'immensa città. I ragazzi smisero di colpo di ridere e rimasero come
pietrificati. intanto la gente che era in casa, iniziò ad uscire in strada o ad
affacciarsi ai balconi, mentre il piccolo, con lo sguardo fisso nel vuoto
continuava a cantare e si mise di nuovo a camminare... poco più avanti c'era
una grande piazza con un grande abete e il bimbo guardava la punta di quel
grande albero... Si fermò un istante, guardò indietro e vide che la gente lo
seguiva, poi guardò alla sua destra e vide steso a terra un povero bambino
vagabondo come lui che dormiva piangendo, forse sognando la madre mai avuta...
Il bambino biondo si inchinò verso di lui e gli regalò una sua lacrima... poi
lo svegliò, lo fece alzare e gli diede la sua palla rossa e lucente... Lo prese
per mano e insieme raggiunsero il grande albero. Il biondo bambino chiese al
piccolo vagabondo: -Qual è il tuo desiderio più grande? - - Rivedere la mia
mamma- -Rendiamo quest'albero più bello, vuoi?... E detto questo posò la
letterina su un ramo dell'albero, mentre l'altro bambino appendeva quella sfera
luccicante... Negli occhi della gente sgorgavano copiose le lacrime, ma nessuno
sapeva spiegarsi il perché. Tutti si avvicinarono all'albero, quelli che erano
ancora sui balconi iniziarono a gettare monete d'oro e di cioccolato... quelli
che erano per strada iniziarono ad abbellire quell'albero con tutto quello che
avevano: chi con sciarpe, chi con bracciali, chi con nastri colorati... La
piazza si riempì di gente che quella sera si sentì davvero felice... Intanto in
un angolo della piazza il piccolo vagabondo giaceva disteso davanti all'uscio
di una casa... Con una lacrima sul viso e un sorriso tra le labbra la sua anima
era volata in cielo tra le braccia del dolce angelo biondo... il primo grande
desiderio di Natale si era avverato" Marcello, hai capito l'albero cosa
rappresentava? -Si nonno...
e voi, che leggete questo racconto, avete capito cosa
rappresentava?
Riporto di
seguito la poesia scritta da Clement
Clark Moore, sia la versione originale, che la traduzione in Italiano
“A Visit From St.
Nicholas”
(Versione Originale)
'Twas
the night before Christmas, when all through the house
Not
a creature was stirring, not even a mouse;
The
stockings were hung by the chimney with care,
In hopes that St. Nicholas soon
would be there;
The
children were nestled all snug in their beds,
While
visions of sugar-plums danced in their heads;
And
mamma in her 'kerchief, and I in my cap,
Had
just settled down for a long winter's nap,
When
out on the lawn there arose such a clatter,
I
sprang from the bed to see what was the matter.
Away
to the window I flew like a flash,
Tore
open the shutters and threw up the sash.
The
moon on the breast of the new-fallen snow
Gave
the lustre of mid-day to objects below,
When,
what to my wondering eyes should appear,
But a miniature sleigh, and eight
tiny reindeer,
With
a little old driver, so lively and quick,
I
knew in a moment it must be St. Nick.
More
rapid than eagles his coursers they came,
And
he whistled, and shouted, and called them by name;
"Now,
Dasher! Now, Dancer! Now, Prancer and Vixen!
On,
Comet! On Cupid! On, Donder and Blitzen!
To
the top of the porch! to the top of the wall!
Now
dash away! dash away! dash away all!"
As
dry leaves that before the wild hurricane fly,
When
they meet with an obstacle, mount to the sky,
So
up to the house-top the coursers they flew,
With
the sleigh full of toys, and St. Nicholas too.
And
then, in a twinkling, I heard on the roof
The
prancing and pawing of each little hoof.
As
I drew in my hand, and was turning around,
Down
the chimney St. Nicholas came with a bound.
He
was dressed all in fur, from his head to his foot,
And
his clothes were all tarnished with ashes and soot;
A
bundle of toys he had flung on his back,
And he looked like a peddler just
opening his pack.
His
eyes -- how they twinkled! his dimples how merry!
His
cheeks were like roses, his nose like a cherry!
His
droll little mouth was drawn up like a bow,
And
the beard of his chin was as white as the snow;
The
stump of a pipe he held tight in his teeth,
And
the smoke it encircled his head like a wreath;
He
had a broad face and a little round belly,
That
shook, when he laughed like a bowlful of jelly.
He
was chubby and plump, a right jolly old elf,
And
I laughed when I saw him, in spite of myself;
A
wink of his eye and a twist of his head,
Soon
gave me to know I had nothing to dread;
He
spoke not a word, but went straight to his work,
And
filled all the stockings; then turned with a jerk,
And
laying his finger aside of his nose,
And
giving a nod, up the chimney he rose;
He
sprang to his sleigh, to his team gave a whistle,
And
away they all flew like the down of a thistle.
But
I heard him exclaim, ere he drove out of sight,
"Happy
Christmas to all, and to all a good-night."
|
“A
Visit From St. Nicholas”
(Traduzione in Italiano)
Era la notte prima di
Natale, quando in tutta la casa
Non una creatura si
muoveva, neanche un topo;
Le calze erano appese
al camino con cura,
Nella speranza che San
Nicola arrivasse presto a far visita;
I bambini erano tutti
immersi nei loro letti accoglienti,
Mentre sogni di cose favolose danzavano nelle loro teste, E la mamma nel suo fazzoletto, e io nel mio berretto, Ci eravamo appena preparati per il pisolino del lungo inverno, Quando sul prato si sentì un tale frastuono, Che balzai dal letto per vedere cosa stesse succedendo.
Verso la finestra ho
volato come un lampo,
Ho aperto le persiane e mi sono avvolto nella sciarpa. Sulla superficie della fresca neve, appena caduta, Gettava Infine, davanti ai miei occhi meravigliati, mi apparvero Una slitta in miniatura, e otto piccole renne, Con un piccolo vecchio guidatore, così vivace e veloce, Che capii subito che doveva trattarsi di St. Nick.
Più
rapidi delle aquile vennero i suoi corsieri,
E lui fischiò, e gridò, e li chiamò per nome: “Ora! Dasher, ora! Dancer, ora! Prancer e Vixen, “Su! Comet, su! Cupido, su! Donder e Blitzen; “Sopra al portico! Oltre il muro! “Ora Dash via! Dash via! Dash allontaniamoci tutti!” Come foglie secche davanti al soffio di un selvaggio uragano, Quando incontrano un ostacolo, salirono verso il cielo; Così fino oltre le case i corsieri volarono, Con la slitta piena di giocattoli – e di San Nicola anche. E poi in un batter d’occhio, ho sentito sul tetto Il rampare e scalpitare di ogni loro piccolo zoccolo.
Il
tempo di rendermi conto della situazione e di voltarmi,
Che San Nicola è venuto giù per il camino con un balzo.
Era avvolto tutto in
una pelliccia, dalla testa ai piedi,
E i suoi vestiti erano tutti sporchi di cenere e fuliggine; Teneva appeso sulla schiena un sacco pieno di giocattoli, tanto da sembrare un venditore ambulante in procinto di aprire l’attività. I suoi occhi – come brillavano! Le sue fossette: che allegre, Le sue guance erano come rose, il suo naso come una ciliegia; La sua bocca divertita era distesa come un arco, E la barba sul mento era bianca come la neve; Tra i denti teneva stretta l’estremità della pipa, E il fumo gli circondava la testa come una corona.
Aveva una faccia larga,
e un pancino rotondo
Che fu subito scosso dalla sua risata, come una coppa piena di gelatina.
Era
grassottello e paffuto, un vecchio elfo allegro,
E mio malgrado io risi di rimando nel vederlo; Con una strizzata d’occhio e un cenno del capo Mi fece subito capire che non avevo niente da temere.
Lui non disse una
parola, ma si mise subito al lavoro,
E riempì tutte le calze; poi si girò di scatto, E mise il dito davanti al suo naso E dando un cenno con la testa, ritornò su per il camino.
Balzò sulla slitta,
rivolse un fischio ai suoi compagni,
E via tutti volarono, come fa un cardellino: Ma ho sentito esclamare, prima che sparisse lontano dalla vista,
Buon Natale a tutti, e
a tutti una buona notte.
|
Auguri di buon Natale a tutti i figli di Ucria e a tutti
coloro che ogni giorno si svegliano e fanno del bene in questo mondo, perché
non perdano mai la speranza che quello che fanno serva a qualcosa e soprattutto,
che nonostante tutte le difficoltà che incontrano, possano trovare la forza e
la volontà di proseguire nella loro missione, perché mi fa sentire veramente
meglio sapere che in questo mondo, corrotto e sempre più governato dal denaro,
ci siano persone che si impegnano in quello che fanno per il semplice fatto che
credono in quello che fanno.
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