MIO NONNO ERA
UN MASTRO SCALPELLINO
- Maria
Scalisi –
L’abilità nelle mani di chi
conosce il proprio mestiere: Scalisi Calogero, mio nonno, mastro scalpellino di
Ucria.
Una tradizione ormai persa è quella dei maestri scalpellini.
Le nostre radici non le possiamo dimenticare, mi piace sapere e,
soprattutto, far sapere la storia, che ha formato le nostre identità culturali.
Io mio nonno non l'ho conosciuto; lui lavorava
per la ditta Puglisi di Messina e si occupava per lo più di costruzioni di centine per i ponti, e
di tutti gli elementi che compongono un ponte, e non solo.
I miei
cugini Vinciullo con il padre, anche loro abili scalpellini, hanno
costruito opere, oggi ancora visibili:
- La fontana abbeveratoio in contrada Puzzo in Ucria;
- La fontana abbeveratoio presente
a Castell’Umberto;
- La fontana abbeveratoio presente
a Sinagra;
- La fontana abbeveratoio presente
a Milazzo;
- La fontana abbeveratoio presente
a Tortorici; e tante altre opere.
Questi lavori in pietra sono manufatti che non solo abbelliscono,
classificano e donano bellezza alle antiche casa ma ne determinano l’armonia e
la bellezza dell’insieme al nostro territorio ucriese, che ne è testimone.
Oltre ai portali, venivano eseguiti i davanzali, le cornici alle
finestre, le soglie alle porte, i gradini, le balaustre. Tutto doveva essere di
pietra, più o meno pregiata a secondo della disponibilità finanziaria del
committente.
Si passava dal granito, al marmo, alla pietra arenaria, comunque, la
casa o il palazzo assumeva un aspetto più o meno gradevole, a seconda, non solo
dei motivi della lavorazione, ma anche da come le pietre erano lavorate,
dall’abilità di chi le scalpellava. Questo è un dei mestieri più
antichi (già gli egizi si avvalevano dell’opera di questi artigiani).
Ma gli scalpellini non si limitavano solo a costruire opere per
l’edilizia, ma anche tutt’una serie di manufatti per l’uso più disparato: dalla
cucina, all’erboristeria, alle tintorie, agli oleifici. Mortai, pestelli,
macine, vasche e vaschette, abbeveratoi per animali, canali di scolo, bacili di
raccolta erano normalmente di pietra e di usuale necessità.
Naturalmente, anche in questo caso c’erano scalpellini più abili e
quelli più “pasticcioni”, ma l’abilità degli uni e degli altri si veniva presto
a conoscere, determinando anche le scommesse.
Gli attrezzi principali del lavoro erano la squadra per definire gli
spigoli, tutt’una serie di scalpelli perfettamente affilati e di buon materiale
acciaioso, mazze e mazzuoli che venivano di volta in volta usati, secondo la
specificità del lavoro.
Sempre fra questi lavoratori vanno ricordati i cavatori di pietra, che
oltre a estrarre la materia prima del suolo, la preparavano in blocchi per la
futura lavorazione. Sia gli scalpellini che i cavatori erano soggetti agli stessi
inconvenienti fisici alle mani, ma soprattutto si ammalavano di asma
bronchiale, per la grande quantità di polvere che respiravano durante la loro
vita.
Oggi di " artisti - scalpellini" ne sono rimasti ben pochi,
uno dei più apprezzati, a livello locale, è Salvatore Vinciullo.
"Quando
l'abilità di un MASTRO trasforma "le pietre" in opere d'ARTE".
Gli Attrezzi |
Vinciullo Salvatore - Mastro Scalpellino di Ucria |
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